(Piazza antistante alla Cattedrale di Santo Stefano Re, 19 ottobre 2013)
Fratelli e Sorelle in Cristo!
1. Con grande gioia e riconoscenza festeggiamo oggi nella Chiesa la beatificazione di Stefano Sándor, martire, coadiutore salesiano.
Il Vangelo di oggi ci propone il chicco di grano che muore e produce molto frutto. Questo brano del Vangelo veniva utilizzato nella vita dei primi cristiani. Tra il primo e il secondo secolo Sant’Ignazio di Antiochia scrive: „Sono frumento di Dio e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo. Supplicate Cristo per me, perché per opera di queste belve io divenga ostia per il Signore”. (Ign., Rom 4,1). Se seguiamo e pratichiamo il volere di Dio nella vita e nella morte, ciò sarà per noi fonte di rinnovamento e benedizione. San Clemente contemporaneo di Sant’Ignazio scrive: „Uscì il seminatore e gettò nella terra i semi; secchi e nudi caduti nella terra si dissolvono. Poi la grandezza della provvidenza del Signore li fa rinascere, e da un solo crescono molti e portano frutto”. (Clem 24,5). L’opera di redenzione del Signore è nella speranza della nostra risurrezione. Qui sulla terra stiamo già diventando simili al Padre, ma poi saremo simili a Lui, „perché lo vedremo così come egli è” (1 Gv 3,2). Ma la grazia, qui sulla terra, ci aiuta già ad essere come Lui nella nostra trasformazione e nel nostro cambiamento. Con il battesimo siamo rinati e siamo diventati simili a Cristo. Per questo leggiamo nella lettera di San Paolo apostolo agli Efesini: „Da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati”. (Ef 2,5)
Stefano Sándor ha seminato il seme di grano con fiducia. In egli festeggiamo l’eroe, che mediante la vocazione di salesiano coadiutore rimase fedele fino alla morte. In egli festeggiamo il lavoratore onesto, che ha amato e ha insegnato ad amare il lavoro. Ci soffermiamo in modo sconvolgente davanti ai processi farsi, dove con accuse inverosimile hanno torturato, poi condannato a morte e giustiziato.
2. La vocazione salesiana di Stefano Sándor era nata nella cittadina di Szolnok, dove dopo aver ricevuto il diploma di tecnico mettallurgico, incominciò a lavorare. Dopo esser entrato nella Congregazione salesiana divenne anche tipografo. Amava quanto faceva e con grande fervore si occupava dell’educazione dei giovani. Nel frattempo era arrivata la guerra mondiale e i beni della tipografia salesiana vennero statalizzati. Il cardinale Mindszenty venne arrestato e nel 1950 vennero soppresi gli ordini religiosi. Anche Stefano Sándor dovette ritornare a Szolnok. Li operò come sagrestano, ma anche li si occupò dei giovani. Il regime di quel tempo che si dava l’appellativo di potenza del lavoro, non tollerava che proprio tra i giovani operai qualcuno ricevesse un’educazione cristiana. I sacerdoti tra gli anni ’70 e ’80 sentivano frequentemente dire: „I giovani sono nostri”. E allora si parlava solo dei giovani operai! Ma nel cuore e nello spirito di Stefano Sándor non si poteva opprimere la voce della vocazione. Lui aveva ricevuto l’amore e lo spirito di San Giovanni Bosco, ma come conosciamo e sappiamo da San Giovanni apostolo „nell’amore non c’è paura”. (cfr. 1 Gv 4,18)
3. Stefano Sándor non viveva solo ed esculsivamente per i giovani. Amava il suo lavoro. Lavorava con operosità e con competenza, fino a raggiungere alti livelli. Sentiva interiormente che il lavoro non era solo un mezzo per la sussistenza e la soppravivenza, ma rappresenteva anche la dignità dell’uomo. L’uomo lavoratore si unisce con il Dio creatore. Il lavoro come lo interpteva sviluppa le capacità, diviene sacrificio per gli altri, diventa umano e valorizza di più il mondo. Non per caso che gli antichi affermavano che i mestieri erano parte dell’arte. Nel nostro mondo dove tutto diventa meccanico e noi ci allontaniamo sempre di più, il messaggio di Stefano Sándor diventa sempre attuale. La via per la felicità nostra e del prossimo secondo il piano di Dio, deve essere nel lavoro fatto per bene. Per questo nella persona di Stefano Sándor dobbiamo onorare l’esempio della persona che mediante il lavoro ha fatto vedere la vera fede e il vero amore.
4. Il martirio di Stefano Sándor è importante per altri punti di vista. Egli non è stato semplicemente deportato, non è stato solamente vittima di un complotto senza nessuna spiegazione e nemmeno non è stato deportato in prigione o in campi di lavoro forzato dove è morto. Lui è stato ucciso. È stato condannato a morte e lo hanno ucciso. È inquietante sentire che nella vita sociale, in un caso di giustizia sia stato proprio lo stato ad eseguire la condanna a morte. Il martirio di Stefano Sándor richiama il periodo triste dei processi farsa. Egli è stato condannato di alto tradimento e partecipazione a complotti contro l’ordine democratico. Stefano operava nel campo educativo secondo l’insegnamento della Chiesa cattolica. Tra i suoi studenti ci sono allievi che erano stati assunti nel corpo della polizia segreta. Lo Stato con questo processo voleva dimostrare che la Chiesa doveva stare lontano dai giovani operai. Stefano Sándor dopo 184 ore di interrogatori strazianti è rimasto fedele alla sua vocazione. L’8 giugno 1953 mediante impiccagione è stato ucciso. Aveva 39 anni.
Il ricordo del cristiano deve essere momento di perdono e di riconciliazione. Preghiamo per quanti hanno sofferto e patito il martirio. Il ricordo di Stefano Sándor sia per tutti noi un momento per la riconciliazione e per un nuovo slancio spirituale. La sua persona sia esempio nell’intraprendenza della vita religiosa, dell’operosità nell’lavoro quotidiano e fedeltà nell’amore verso Cristo e verso gli altri!
Nostra Signora d’Ungheria, la Beata e sempre Vergine Maria prega per noi! Beato Stefano Sándor, martire, prega per noi! Amen.